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Opportunità ed ombre cinesi
a cura di Alessandro Ferino
Axis Strategic Vision, Project Manager

Obiettivo di questo articolo è di offrire alcuni spunti di riflessione sull'impatto che l'avvento della Cina sulla scena economica internazionale sta avendo nei confronti sia dei maggiori gruppi industriali che delle PMI nostrane.

Le ragioni di chi vede nella Cina un vero e proprio spettro che si aggira per i mercati economici e finanziari, anche quelli fortemente minacciati dal surplus miliardario della bilancia dei pagamenti cinese, sono principalmente da ricondurre all'incapacità delle aziende nostrane di potere competere contro i bassissimi prezzi proposti dagli esportatori cinesi. Il problema di fondo è stato individuato nell'enorme disparità di trattamento della risorsa umana la quale, in molti contesti produttivi nostrani così come nella quasi totalità dei casi cinesi, contribuisce in maniera preponderante al valore aggiunto intrinseco del prodotto finale. Mentre l'Italia abbraccia i principi dello stato sociale propri dei sistemi occidentali, la Cina ha infatti fatto del dumping sociale il suo maggiore vantaggio competitivo. Le aziende cinesi usano la risorsa umana molto "pragmaticamente" al fine di colmare il gap tecnologico che le separa dai paesi più industrializzati.

In questa ottica alcune voci autorevoli, a partire dal ministro dell'Economia Tremonti, hanno addirittura proposto di fare fronte all'enorme divario competitivo tra produzione europea e cinese rispolverando una strategia oramai del tutto contraria al buon senso ed a quanto più volte ribadito a livello accademico - vedi ad esempio la recente opera di Raghuram G. Rajan e Luigi Zingales "Saving Capitalism from the Capitalists" - ossia le barriere doganali. Non mancano invece le voci autorevoli, primo fra tutti il premio Nobel per l'Economia Robert Mundell, che hanno identificato nell'apertura di un mercato di un miliardo e trecento milioni di abitanti una serie di opportunità per il sistema economico nostrano. Delocalizzare la produzione, cosa già ampiamente sperimentata in tutto l'est europeo da molti di quei manager che oggi si lamentano della minaccia cinese, non sarà più l'unica opportunità a favore delle aziende occidentali. La delocalizzazione dovrà essere pensata a 360 gradi sviluppando una strategia che preveda l'apertura di canali distributivi direttamente in Cina. Una posizione intermedia è stata assunta da altri imprenditori come Diego Della Valle che, da un lato, sostiene la necessità di proteggere la produzione locale plaudendo Tremonti quando ipotizza misure di tutela del nostro sistema economico, dall'altra scorge l'opportunità rappresentata dal mercato cinese affermando che questo sia il momento più opportuno per "sbarcare" in Cina.

Tutti questi ragionamenti, condivisibili o meno, non sono applicabili ad una categoria di aziende numericamente preponderante nel tessuto produttivo del Bel Paese, ossia tutte quelle piccole e medie imprese che, almeno per il momento, si rivolgono solamente al mercato locale o tutt'al più al Vecchio Continente. Per queste aziende la possibilità di trasformare la minaccia cinese in opportunità difficilmente potrà fondarsi sull'apertura di nuovi canali distributivi nel paese della Grande Muraglia. Le nuove tecnologie unite alle capacità innovative del management italico possono però suggerire delle forme alternative di leverage del fenomeno cinese.

Esistono per esempio dei siti internet B2B, come www.ebigchina.com e www.globalsources.com, che offrono alle aziende di tutto il mondo la possibilità di approvvigionarsi a costi molto competitivi direttamente dai fornitori cinesi. Global Sources in particolare costituisce un vero e proprio business case. Si tratta di un'azienda quotata al NASDAQ che riunisce in un unico portale 12 mercati verticali, ossia specializzati su un settore industriale, e 13 nazionali (quello cinese è infatti uno di questi). Cito il sito: 398 mila acquirenti registrati; 3,6 milioni di richieste e 140 mila forniture annuali generate dal solo sito (usano infatti anche altri canali); crescita del 100% del reddito netto e del 22% del fatturato generato in Cina nell'ultimo quadrimestre. Global Sources è specializzato in prodotti elettronici - computer, elettronica di consumo, componenti - ma include anche sezioni dedicate alle telecomunicazioni, auto, moda e prodotti tessili, regali e oggettistica, arredamento, prodotti per la sicurezza personale e aziendale, ferramenta industriale e casalinghi, fitness ed equipaggiamenti outdoor, orologi, ecc. Naturalmente il portale è rivolto ad acquirenti di grossi volumi ed occorre una certa dimestichezza con l'inglese e con internet per trovare il prodotto che fa al caso nostro, ma questi skills dobbiamo oggi assolutamente darli per scontati. Se siamo alla ricerca di strumenti di precisione e misurazione, giusto per fare un esempio, ci troveremo di fronte a 472 referenze proposte da 2395 fornitori; se invece volessimo acquistare nastri adesivi a fini industriali potremmo scegliere tra 77 prodotti e 162 fornitori.

Accedere ad un mercato virtuale come questo consente di sfruttare a proprio favore la sfida cinese implementando una strategia difensiva basata sul contenimento della propria struttura dei costi. Altre iniziative possono e devono essere studiate per trasformare le ombre cinesi in luce anche sul versante offensivo della strategia aziendale, ossia in riferimento a tutti quegli aspetti concernenti la crescita del fatturato e/o della redditività aziendale.

Febbraio 2004

 


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